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Origini - CesiMirielsArt

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Del Femminile e del Magico nei ritratti di Cesy Miriel Ciotti

Un giorno un occhio in un azzurro viso
Vide un altr’occhio dentro un verde viso.
(“Lo Hobbit” J. R. R. Tolkien)

Gli archetipi del femminile e del magico tessono nei ritratti di Cesy Miriel Ciotti un discorso continuo ed articolato, un dialogo amoroso che si svolge ininterrottamente tra i numerosi personaggi della sua produzione. La prevalenza del ritratto, luogo ideale dell’introspezione e della conoscenza intima, rivela da parte dell’artista una spiccata vocazione alla poesia. Non solo, la predilezione per il ritratto femminile, in particolare, manifesta la consapevolezza che il compito più importante dell’arte è far parlare della vita, dei misteri che in essa sono racchiusi e dei numerosi modi in cui essa ci parla, per segni che l’occhio distratto dalle cure quotidiane spesso non coglie. Misteri, allegorie, allusioni. Per svelare il significato nascosto dei numerosi simboli che Cesy dispone a complemento dei suoi ritratti femminili, spesso l’osservatore attento deve attingere agli archetipi più raffinati dell’immaginario occidentale, ed in particolare ai simbolismi della gnostica cristiana e, soprattutto, della tradizione popolare celtica. Angeli, elfi, incubi e maternità sono rimandi simbolici ricorrenti nei suoi lavori, forme apparentemente inconciliabili di una medesima sostanza poetica: lo spirito della natura come sola forza plasmatrice, l’opera della Grande Madre che genera e divora le proprie creature , l’eterno femminino  calato sul suolo della nuda terra. Lo studio della Natura, delle sue leggi e dei suoi ornamenti, si traduce in un amore per le filosofie primitive ed ingenue (nel senso di “non critiche”) e per tutte quelle forme di spiegazione del mondo, irrazionali e poetiche, che appartengono all’arte della “magia”, o della “filosofia naturale”, per dirla in maniera meno semplicistica.  E non potrebbe essere altrimenti: chi conosce l’artista  ne apprezza l’amore smisurato per la Natura, la devozione sia  alle creature domestiche che a quelle selvagge, senza dubbio retaggio del mondo semplice e puro cui il suo spirito appartiene: per attitudine, per formazione, per educazione. Tutti atteggiamenti che si traducono in una sempre attenta e meticolosa ricostruzione del particolare, sia esso decorazione arborea o dettaglio anatomico. La ricerca della naturalezza è in questo senso il primo passo per realizzare un’opera solo apparentemente chiara: la pittrice non ama l’astrazione, le sue opere sono sempre intrise di un figurativismo che può far storcere il naso agli amanti degli intellettualismi, anche se si tratta in realtà  di un linguaggio tutt’altro che semplice, un linguaggio dagli innumerevoli significati. I ritratti di Cesy  non costringono mai l’osservatore ad estenuanti (quanto vani) sforzi di comprensione: al contrario lo lusingano, lo conquistano convincendolo che sta contemplando un’immagine il cui significato è chiaro, semplice, a tratti elementare. L’inganno della semplicità serve solo a rassicurare l’osservatore e ne prepara la mente ad accogliere quelle verità nascoste che  altrimenti forse finirebbe per rifiutare, vittima inconsapevole, come spesso è, dei propri schemi mentali e culturali. Per condurlo (con l’inganno?) nell’immaginario dell’autrice,
Cesy Miriel Ciotti e, in senso più lato, dell’Autrice, di quella Grande Madre a cui tutti apparteniamo, che tutto genera e tutto distrugge.
 
 
Ivan Agliardi
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